Ambiente: territorio e paesaggio di Fiumicino

Sono due i principali paesaggi dalla morfologia diversificata: la piana costiera e le colline interne. Se prendiamo come linea di confine l’autostrada Roma-Civitavecchia (A12) non possiamo non notare che ad Ovest dell’asse stradale il paesaggio è pressoché pianeggiante mentre ad Est è collinare. Questa differenza morfologica risente delle vicende geologiche avvenute tra la fine del Pliocene ed il Pleistocene.

In realtà questo territorio pianeggiante conserva una serie di rilievi, non più alti di 8 m s.l.m., intervallati da blande depressioni; si tratta di un insieme di cordoni dunari, più o meno paralleli, localmente detti “tumuleti”.

La fascia dunale, costituita da sedimenti sabbiosi portati al mare dal fiume Tevere negli ultimi 2.000 anni e via via rielaborati dalle onde e dal vento, dalla costa si allarga verso l’interno per circa 2-4 km. Qui sono stati edificati i centri abitati quali Fiumicino, Focene e Fregene.

A mano a mano che ci avviciniamo all’autostrada notiamo che le quote si abbassano ed il terreno cambia aspetto; i granuli di sabbia diventano sempre più fini e il sedimento si arricchisce in argilla, limo e torba. È quanto rimane, assieme ad una fitta rete di canali artificiali, di un antico sistema di laghi costieri noti con i nomi di bonifica delle Pagliete, di Maccarese e di Porto.

Il contributo del delta Tiberino alla formazione di quest’area è ingente poiché esteso per almeno 180 km2.

Le ripetute oscillazioni del livello del mare determinarono temporanee emersioni dei fondali marini fino al Pleistocene inferiore, in cui il continuo sollevamento delle aree retrostanti l’attuale costa tirrenica produsse un profondo cambiamento del quadro paleogeografico che condurrà alla formazione di ambienti emersi di tipo fluvio-palustre. Con l’inizio dell’attività eruttiva (circa 600.000 anni fa) dei vulcani Sabatini a Nord-Ovest e dei Colli Albani a Sud-Est il paesaggio subisce una radicale modifica: le depressioni vallive vengono colmate, i rilievi ammantati ed i corsi d’acqua deviati da una spessa coltre di tufi, ceneri, lapilli e pomici.

Intorno ai 18.000 anni fa, alla fine dell’ultima glaciazione (Würm), il livello del mare era più basso di quello attuale di circa 120 metri e la linea di costa probabilmente doveva trovarsi a non meno di 10 km dall’attuale. Con la deglaciazione delle calotte polari e montane, conseguenti al ristabilirsi di condizioni climatiche più miti, il livello del mare comincia lentamente a salire e ad invadere di nuovo il nostro territorio; la foce del Tevere, a causa di questo evento, subisce un forte arretramento sfociando all’interno di un’ampia laguna divisa dal mare aperto da una serie di barriere costiere discontinue allungate parallelamente alla costa. Dalle colline retrostanti gli abitati di Focene e Fregene scendevano dei corsi d’acqua, tra i quali probabilmente il Fiume Arrone, che deponevano i loro sedimenti all’interno della laguna contribuendo così al suo riempimento.

Di quell’antica laguna non rimangono altro che una serie di laghi costieri oggi completamente bonificati.

Il capitale naturale locale: la rete Natura 2000 e le aree protette

Il territorio di Fiumicino comprende una diffusa rete di aree ad elevato valore naturale per la presenza di specie e habitat di considerevole importanza secondo la Direttiva Habitat.

 

SIC Macchia Grande di Focene e Macchia dello Stagneto (IT6030023)

Macchia Grande di FoceneAppartiene alla regione biogeografica Mediterranea, occupa una superficie di 317.0 ettari, è localizzato nella Provincia di Roma ed interessa il Comune di Fiumicino.

Ricade totalmente nell’area protetta Riserva Naturale Statale Litorale Romano, istituita con Decreto del Ministero dell’Ambiente del 29 marzo 1996.

Parte del Sito d’Importanza Comunitaria (SIC IT6030023) dal 1986 è inserito nel sistema delle Oasi gestite dal WWF Italia.

Ricade totalmente nell’area protetta Riserva Naturale Statale Litorale Romano, istituita con Decreto del Ministero dell’Ambiente del 29 marzo 1996.

Parte del Sito d’Importanza Comunitaria (SIC IT6030023) dal 1986 è inserito nel sistema delle Oasi gestite dal WWF Italia.

Gli habitat e specie presenti nel sic comprendono:

SIC Macchia Grande di Focene e Macchia dello Stagneto (IT6030023): habitat e specie

Le pressioni e minacce più rilevanti insistono sugli habitat tipicamente costieri, derivano principalmente dall’utilizzo improprio dei luoghi. L’area dunale, infatti, risulta interessata da una pressione antropica elevata principalmente per il considerevole aumento demografico nella stagione balneare delle attività ricreative. Inoltre rappresentano una grave minaccia per la vita degli habitat del SIC il prelievo di acque superficiali, il prelievo di acque sotterranee (drenaggio, abbassamento della falda) che causano intrusione di acqua salata.

Sono inoltre contigue all’area del presente Contratto le ZPS Lago di Traiano (IT6030026) e il SIC Isola Sacra (IT6030024).

 

Riserva Naturale Statale del Litorale Romano

Riserva Naturale del Litorale RomanoIstituita dal Ministero dell’ambiente con decreto 29 marzo 1996 ai sensi della legge 394/9. Comprende ambienti naturali, aree di interesse storico archeologico e aree agricole della zona di Roma e Fiumicino, dalla marina di Palidoro alla spiaggia di Capocotta.

All’interno del territorio della Riserva sono presenti tre Siti di Interesse Comunitario (SIC) e due Zone di Protezione Speciale (ZPS):

SIC IT6030025 “Macchia Grande di Ponte Galeria”;
SIC IT6030023 “Macchia Grande di Focene e Macchia dello Stagneto”;
SIC IT6030027 “Castel Porziano (fascia costiera)”;
ZPS IT6030026 “Lago di Traiano”;
ZPS IT6030084 “Castel Porziano (Tenuta presidenziale)”.

Per l’area di interesse del presente Contratto, la gestione della riserva è affidata al Comune di Fiumicino. La Riserva complessivamente si estende per circa 16.000 ettari che ricadono circa in egual misura fra il Comune di Roma e Fiumicino.

Il suo territorio, come da Decreto e secondo il “Piano di Gestione della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano” è suddiviso in aree di tipo 1 e 2; nella prima area è fatto assoluto divieto di interventi edificatori, salvo quelli conservativi, in quanto aree di alto pregio naturalistico, paesaggistico e archeologico, mentre nelle aree di tipo 2 sono permessi interventi per realizzare le pertinenze necessarie alla conduzione del fondo.

Il territorio della Riserva, secondo una serie di componenti ambientali, naturalistiche e socio-culturali, è stato suddiviso in sei Ambiti così definiti:

Ambito agricolo;
Ambito costiero;
Ambito della formazione boscate naturali e seminaturali; Ambito idrografico;
Ambito insediativo;
Ambito turistico/beni archeologici.

Gli Ambiti costituiscono un complesso di elementi significativamente rappresentativi, tali da far riconoscere la valenza specifica degli elementi che la caratterizzano. Da quanto esposto deriva la possibilità di individuare quelle porzioni di Habitat, nuclei di popolazione di specie animali, comunità biotiche, agrosistemi, paesaggi, la cui tutela risulta prioritaria e, nel contempo, efficace per il mantenimento delle funzioni dell’Ambito a cui appartengono.

All’interno di ciascun Ambito sono state individuate, sulla base di un insieme di parametri, ventuno aree che rappresentano le Unità di Gestione (UdG). In totale le UdG sono ventuno e ben dodici ricadono nel territorio del Comune di Fiumicino, di queste ultime alcune si possono sovrapporre a interventi contenuti nel Contratto di Fiume Arrone.

Le Unità di Gestione che si ritengono sovrapponibili sono:

Unità di gestione Bonifica di Maccarese;
Indirizzi generali per l’Ambito Costiero;
Unità di gestione Dune di Passoscuro
Unità di gestione Bocca di Leone, Bosco Cesolina, Dune di Focene e Foce del Rio Tre Denari;
Unità di gestione Corsi d’Acqua a nord dell’Abitato di Fiumicino;
Unità di gestione delle Vasche di Maccarese.

Per tutte le UdG è stata predisposta una scheda che potrebbe essere considerata di progetto nella quale sono sintetizzate le caratteristiche paesaggistiche e ambientali identificative, le criticità, le dinamiche territoriali in atto ed inoltre le puntuali indicazioni di gestione. Airone guardabuoi, Bubulcus ibis, specie ormai diventata molto comune nel comprensorio di interesse.

La "Rete Blu" (marina): la fascia costiera

Tra gli ambienti terrestri, le aree costiere sono quelle che hanno maggiormente risentito della completa mancanza di adeguate politiche di sviluppo anche perché si è arrivati tardi a comprenderne l’importanza in relazione alla difesa del territorio.

Le aree che nel tempo hanno mantenuto qualche aspetto di naturalità corrispondono sostanzialmente alle foci dei corsi d’acqua sia naturali sia artificiali. Pertanto, lungo i litorali si trovano ancora residui di vegetazione della duna mobile. Questa vegetazione svolge un fondamentale ruolo protettivo contro l’erosione nei confronti dell’ambiente retrostante e delle spiagge. L’ambiente della duna mobile è di notevole interesse scientifico per il particolare adattamento manifestato dalle specie che vi si insediano: le psammofile, ovunque in forte rarefazione sui nostri litorali. In alcuni brevi tratti (alla foce del Rio Tre Denari, del Fosso Palidoro o del Fiume Arrone), sfuggiti all’abusivismo edilizio, è possibile osservare ancora accenni di duna consolidata caratterizzata dalla presenza del ginepro, Juniperus macrocarpa, ed a seguire il lentisco, Pistacia lentiscus, fillirea, Phillyrea latifolia, etc.

Non sempre è possibile rinvenire insieme le quattro fasce che caratterizzano l’ambiente della duna mobile poiché nel complesso la duna è in condizioni di forte erosione con piccoli ciuffi di vegetazione all’apice di pinnacoli di sabbia. Comunque, considerando l’elevata dinamicità della vegetazione dunale, con limitati interventi di restauro ambientale e qualche anno di protezione integrata soprattutto per ridurre il calpestio, le aree di interesse potrebbero tornare in condizioni di buona naturalità.

Aree agricole identitarie

Storicamente il Fiume Arrone è stato il confine fra la civiltà etrusca e quella romana, con l’affermarsi del Cristianesimo, nel punto in cui interseca la Via Aurelia, il Fiume ha delineato poi il confine fra le Diocesi di Porto, Caere e Selva Candida. Alla foce dell’Arrone sorgeva il porto che, congiuntamente agli scali marittimi di Pyrgi e Casto Nova, rappresentava il sistema portuale di Caere. Le alture e l’alveo del Fiume sono ricchi di insediamenti archeologici appartenenti a diverse epoche, un esempio è il deposito fluviale del Pleistocene, noto come sito della Polledrara, che vede la presenza di resti fossili attribuiti all’Elefante antico ed al Bue primigenio. Secondo alcune ipotesi, basate su rilevamenti archeologici specifici, la valle dell’Arrone rivestiva una grande importanza strategica in quanto via di connessione tra l’alto Lazio e le saline di Maccarese. Data l’importanza del territorio sia la Regione Lazio che il Ministero dei Beni Ambientali e Culturali (MiBAC) hanno inteso, nel Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR), tutelare il paesaggio agrario inserendo la valle del Fiume Arrone, quella del Rio Palidoro e del Fosso delle Cadute nonché la Piana di Furbara nelle cosiddette Aree Agricole Identitarie.

Nel documento regionale la Valle del Fiume Arrone e del Fosso di Santa Maria di Galeria viene così descritta: “L’area, situata tra il complesso vulcanico dei Monti Sabatini e la maremma del Litorale Romano, si estende tra il Lago di Bracciano e la fascia costiera presso Fiumicino, località Torre in Pietra. La ricchezza d’acqua è stata, sin dalle origini e nella sua evoluzione, una delle grandi risorse di Roma e del suo territorio. Dai Monti Sabatini, ai piedi del pianoro di Boccea scorre il fiume Arrone il cui nome deriva dalla radice etrusca “aruns”. Nasce dal lago di Bracciano e sfocia, dopo un percorso di circa 37 km nel mare presso Maccarese. In base alle sue caratteristiche geologiche il bacino idrografico dell’Arrone può essere suddiviso in tre parti. La parte alta, posta immediatamente a sud del Lago di Bracciano, presenta una morfologia collinare tipica dei rilievi vulcanici della nostra regione. Nella parte centrale del bacino i corsi d’acqua sono riusciti a scavare delle incisioni vallive piuttosto profonde e a raggiungere i terreni sedimentari sottostanti i depositi vulcanici dando luogo ad un sistema di colline di forma allungata. L’area comprende quella parte della Valle che rappresenta la fascia di transizione alla pianura costiera. II comprensorio nel suo insieme costituisce un complesso territoriale di grande diversità ambientale, ove le naturalistiche valli fluviali si alternano ad una vasta area di basse colline ondulate che risente anche degli influssi climatici della non lontana zona costiera. La Valle dell’Arrone in virtù delle sue risorse è stata oggetto di numerosi insediamenti umani e civili legati in particolare all’uso rurale ed agricolo del suo territorio, ne è particolare testimonianza la città etrusca chiamata Galeria dai Romani che la colonizzarono per farne un borgo agricolo. Sul finire del 1700 il borgo fu abbandonato, probabilmente a causa della malaria, e gli abitanti si trasferirono a circa 4 km, ove fondarono l’attuale S. Maria di Galeria Nuova. Il paesaggio della Valle dell’Arrone è un po’ quello della campagna romana del secolo scorso, con pascoli, prati, boschi e siepi che si alternano alle zone coltivate. Il paesaggio, dopo la parte collinare, in prossimità della zona di confluenza del bacino si allarga decisamente presentandosi pianeggiante e ricco di depositi alluvionali. A Sud della Via Aurelia il corso d’acqua percorre il suo tratto finale prima di raggiungere il mare. La Valle dell’Arrone ha rappresentato per migliaia di anni un elemento catalizzatore della frequentazione e dell’insediamento stanziale dell’uomo sin dall’epoca preistorica, come testimoniato dai ritrovamenti nella parte iniziale dell’emissario e nel basso corso dell’Arrone. Componente fondamentale del comprensorio è il complesso territoriale di Castel di Guido con le sue aree limitrofe, un complesso geologicamente uniforme di notevole interesse sia archeologico che ambientale e paesistico. In particolare l’attuale borgo ha assunto grande importanza storica e archeologica quale testimonianza di una continuità di insediamento perdurato dall’età romana ai nostri giorni. Altro ambito di rilievo storico paesaggistico è la Tenuta della Leprignana con i suoi centri rurali testimonianza della bonifica romana di Torre in Pietra (1926-45) ad opera del Senatore Albertini. La bonifica e la realizzazione dei centri rurali (o Unità) produttivi dell’azienda, all’interno della Tenuta, dà forma a un progetto unitario degli insediamenti che si diversificano per le attività specialistiche svolte. Il paesaggio agricolo ereditato dall’opera della bonifica risulta ancora poco compromesso ed è la testimonianza di un qualificato progetto di organizzazione territoriale agricola inteso nella sua complessità e interezza rispetto al quale diventa fondamentale la fondazione e il decentramento di una nuova edilizia abitativa e rurale”.

Poco più a Nord si proiettano verso la pianura la Valle del Rio Palidoro e quella del Fosso delle Cadute, odierno confine fra i Comuni di Fiumicino e Cerveteri; sebbene in minima parte, i territori di queste vallate interessano anche i Comune di Bracciano, Anguillara Sabazia e Roma. L’area situata tra il complesso vulcanico dei Monti Sabatini e la maremma del Litorale Romano viene così descritta: “La valle del Rio Palidoro presenta analogie con la contigua Valle dell’Arrone sia per il suo andamento ortogonale rispetto alla costa marittima sia per essere parte di quel reticolo di corsi d’acqua che è una risorsa importante di Roma e del suo territorio. Il Rio Palidoro nasce dai Monti Sabatini, e sfocia nel mare Tirreno presso Passo Oscuro. L’ambiente eco-sistemico riguardante le aree pre-collinari situate tra il lago di Bracciano ed il mar Tirreno, costituisce un insieme paesaggistico e naturale di grande importanza, poiché con la sequenza orografica da zone pre-costiere ad aree di colline vulcaniche, inframmezzate anche da zone umide, è l’unico ed ultimo esempio di conservazione del tipico paesaggio di maremma meridionale laziale. Si passa dalla campagna bonificata ed infrastrutturata in modo ordinato, alle forre, ai campi di semina che caratterizzano l’orizzonte del sistema di piccola altura, custodendo anche luoghi di storia antica, castelli, casali e presenze archeologiche. Le aree pianeggianti si alternano alle colline, come preludio alla vista dei Monti Sabatini in modo continuo e fluido, raccordando l’ambiente vario e frammentato delle alture di modeste dimensioni che verso nord-est si affacciano sul lago di Bracciano e con la vastità della pianura costiera sporgente sul Mar Tirreno.”

Ambiente rurale

In un’ampia area di Fiumicino a prevalere è il paesaggio rurale con il suo frazionamento regolare, il regime delle acque mediato dalle numerose canalizzazioni, gli impianti di Idrovore risalenti addirittura alla fine dell’Ottocento, come quello di Focene, e il tipico insediamento sparso a casolari e/o a piccoli centri rurali, dove accanto agli edifici destinati alla residenza si trovano gli immobili destinati agli animali, agli attrezzi e alla conservazione delle derrate alimentari: i caratteri tipici delle aree bonificate.

La grande piana di Maccarese-Pagliete, che copre una superficie di oltre 4500 ettari, la prima ad essere stata oggetto di bonifica integrale, la tenuta di Torrimpietra a nord-est e più oltre quella di Palidoro, queste due ultime confinanti con per le zone collinari dell’entroterra oggetto della Riforma agraria degli anni Cinquanta del secolo scorso.

Vicende diverse che hanno però accomunato, all’indomani dell’unificazione del Paese, una stagione di profondi e radicali mutamenti del territorio, che nell’arco di pochi decenni ha trasformato profondamente gli ambienti e i paesaggi, l’economia e gli abitanti, cancellando quasi del tutto il regime antico e di longue durée dei grandi latifondi che avevano convissuto con le vaste aree umide e paludose per dare vita a una pastorizia semibrada e ad un’agricoltura limitata a spazi contenuti per una scarsa popolazione perlopiù stagionale che si alternava seguendo i ritmi dei lavori nei campi e l’andamento della malaria.

Questi paesaggi rurali più arcaici sono ancora oggi visibili in aree residue dell’originario ampio sistema lagunare naturale retrostante il sistema dunale – oggi protette come aree di particolare valore.

La riconoscibilità del paesaggio di bonifica, rimasto in gran parte pressoché intatto, è data indubbiamente dalla presenza degli elementi vegetazionali dei filari frangivento di eucalipti, il frazionamento regolare degli appezzamenti, delimitati dal sistema dei canali di drenaggio e irrigazione e dalla fitta rete viaria interpoderale, ma anche dalla pressoché immutata permanenza del sistema insediativo dei centri agricoli e dei casali.

Questo grande patrimonio immobiliare, pur nelle differenze e peculiarità che caratterizzano le diverse bonifiche, da ormai quasi un secolo costituisce una componente indispensabile e fortemente identitaria dell’intero territorio, percepita come tale dalle comunità dei suoi abitanti ma anche da coloro che a differente titolo usufruiscono delle sue bellezze.

Bonifica di Maccarese (1925-1938)
A seguito della prima bonifica idraulica risalente agli anni 1884-1889 con la sistemazione idraulica e la realizzazione delle Idrovore e, successivamente, con la bonifica integrale e la costruzione della rete stradale, sono stati progettati e costruiti una quarantina di centri rurali con i poderi e le strutture per la lavorazione e commercializzazione dei prodotti.

Ciascun centro inizialmente fu concepito e progettato come unità agricola autonoma e autosufficiente con edifici abitativi, stalle, silos, magazzini nonché aree per la lavorazione dei prodotti, un forno, un fontanile, uno spazio esterno adibito a giardino e ad orto, completato sempre da numerose alberature.

L’architettura dei centri agricoli – il cui profilo è ancora oggi la caratteristica più evidente nel paesaggio della bonifica – era semplice di forma è strettamente funzionali alle esigenze; le caratteristiche costruttive ed i materiali usati erano quelli tipici dei paesaggi dell’area padana dalla quale sono venute, in un primo tempo, buona parte delle famiglie di coloni.

Bonifica di Torrimpietra (1927-1940)
I protagonisti della bonifica sono stati il Senatore Luigi Albertini, Leonardo Albertini, Niccolò Carandini che si avvalsero per la sua realizzazione di qualificate figure professionali, maestranze specializzate e braccianti.

La principale innovazione sta nell’organizzazione e nel progetto del territorio inteso nella sua complessità che con una nuova idea di edilizia abitativa e rurale, non più quindi a carattere provvisorio, dà origine alle unità produttive organizzate in “centri”.

La bonifica e la realizzazione dei centri rurali è il prodotto corale di più competenze tra cui emerge, nell’impostazione architettonica generale, la figura dell’architetto Michele Busiri-Vici, a cui si deve anche il restauro del Castello Falconieri, poi sede dell’azienda Torrimpietra.

La realizzazione dei centri dà forma a un progetto unitario degli insediamenti che si diversificano per le attività specialistiche svolte; gli edifici abitativi si organizzano intorno ad una corte aperta con al centro un fontanile, gli edifici tecnici si situano in aree limitrofe secondo una relazione funzionale ed igienica.

Ad un primo nucleo di in centri (Falconieri, Tre Denari, Granaretto, Aurelia, Arenaro, Sant’Angelo), vanno aggiunti i successivi centri della Tenuta della Leprignana (Breccia, Casetta Cavalle, Quarticciolo Barbabianca, Casal Bruciata), tutti testimoni di una realtà sociale ed economica che si fa architettura in grado di determinare una fase di trasformazione del territorio in continuità con quanto la precede stabilendo quelle nuove regole che oggi costituiscono uno dei principali aspetti identitari del luogo.

Bonifica di Palidoro (1930-1938)
Gli oltre 400 ettari che formano la tenuta di Palidoro all’atto della bonifica facevano parte del più vasto complesso fondiario di proprietà del Pio Istituto S. Spirito.

In termini temporali, l’intervento di bonifica è stato l’ultimo effettuato nella piana che va da Fiumicino a Ladispoli. Il Fondo è attraversato dalla Via Aurelia che lo divide in una parte pianeggiante che degrada dalla linea ferroviaria Roma-Civitavecchia al mare ed una collinare, di grande interesse ambientale e naturalistico.

In questa realtà, con la bonifica iniziata sul finire degli anni Venti e terminata nel 1938, sono state realizzate le diverse unità immobiliari, circondate da un appezzamento di terreno sufficientemente ampio da poter soddisfare le esigenze del nucleo familiare; da sempre i fondi sono stati assegnati a affittuari, pratica tuttora vigente.

Ambiente: territorio e paesaggio di Fiumicino

Sono due i principali paesaggi dalla morfologia diversificata: la piana costiera e le colline interne. Se prendiamo come linea di confine l’autostrada Roma-Civitavecchia (A12) non possiamo non notare che ad Ovest dell’asse stradale il paesaggio è pressoché pianeggiante mentre ad Est è collinare. Questa differenza morfologica risente delle vicende geologiche avvenute tra la fine del Pliocene ed il Pleistocene.

In realtà questo territorio pianeggiante conserva una serie di rilievi, non più alti di 8 m s.l.m., intervallati da blande depressioni; si tratta di un insieme di cordoni dunari, più o meno paralleli, localmente detti “tumuleti”.

La fascia dunale, costituita da sedimenti sabbiosi portati al mare dal fiume Tevere negli ultimi 2.000 anni e via via rielaborati dalle onde e dal vento, dalla costa si allarga verso l’interno per circa 2-4 km. Qui sono stati edificati i centri abitati quali Fiumicino, Focene e Fregene.

A mano a mano che ci avviciniamo all’autostrada notiamo che le quote si abbassano ed il terreno cambia aspetto; i granuli di sabbia diventano sempre più fini e il sedimento si arricchisce in argilla, limo e torba. È quanto rimane, assieme ad una fitta rete di canali artificiali, di un antico sistema di laghi costieri noti con i nomi di bonifica delle Pagliete, di Maccarese e di Porto.

Il contributo del delta Tiberino alla formazione di quest’area è ingente poiché esteso per almeno 180 km2.

Le ripetute oscillazioni del livello del mare determinarono temporanee emersioni dei fondali marini fino al Pleistocene inferiore, in cui il continuo sollevamento delle aree retrostanti l’attuale costa tirrenica produsse un profondo cambiamento del quadro paleogeografico che condurrà alla formazione di ambienti emersi di tipo fluvio-palustre. Con l’inizio dell’attività eruttiva (circa 600.000 anni fa) dei vulcani Sabatini a Nord-Ovest e dei Colli Albani a Sud-Est il paesaggio subisce una radicale modifica: le depressioni vallive vengono colmate, i rilievi ammantati ed i corsi d’acqua deviati da una spessa coltre di tufi, ceneri, lapilli e pomici.

Intorno ai 18.000 anni fa, alla fine dell’ultima glaciazione (Würm), il livello del mare era più basso di quello attuale di circa 120 metri e la linea di costa probabilmente doveva trovarsi a non meno di 10 km dall’attuale. Con la deglaciazione delle calotte polari e montane, conseguenti al ristabilirsi di condizioni climatiche più miti, il livello del mare comincia lentamente a salire e ad invadere di nuovo il nostro territorio; la foce del Tevere, a causa di questo evento, subisce un forte arretramento sfociando all’interno di un’ampia laguna divisa dal mare aperto da una serie di barriere costiere discontinue allungate parallelamente alla costa. Dalle colline retrostanti gli abitati di Focene e Fregene scendevano dei corsi d’acqua, tra i quali probabilmente il Fiume Arrone, che deponevano i loro sedimenti all’interno della laguna contribuendo così al suo riempimento.

Di quell’antica laguna non rimangono altro che una serie di laghi costieri oggi completamente bonificati.

Il capitale naturale locale: la rete Natura 2000 e le aree protette

Il territorio di Fiumicino comprende una diffusa rete di aree ad elevato valore naturale per la presenza di specie e habitat di considerevole importanza secondo la Direttiva Habitat.

 

SIC Macchia Grande di Focene e Macchia dello Stagneto (IT6030023)

Macchia Grande di FoceneAppartiene alla regione biogeografica Mediterranea, occupa una superficie di 317.0 ettari, è localizzato nella Provincia di Roma ed interessa il Comune di Fiumicino.

Ricade totalmente nell’area protetta Riserva Naturale Statale Litorale Romano, istituita con Decreto del Ministero dell’Ambiente del 29 marzo 1996.

Parte del Sito d’Importanza Comunitaria (SIC IT6030023) dal 1986 è inserito nel sistema delle Oasi gestite dal WWF Italia.

Ricade totalmente nell’area protetta Riserva Naturale Statale Litorale Romano, istituita con Decreto del Ministero dell’Ambiente del 29 marzo 1996.

Parte del Sito d’Importanza Comunitaria (SIC IT6030023) dal 1986 è inserito nel sistema delle Oasi gestite dal WWF Italia.

Gli habitat e specie presenti nel sic comprendono:

SIC Macchia Grande di Focene e Macchia dello Stagneto (IT6030023): habitat e specie

Le pressioni e minacce più rilevanti insistono sugli habitat tipicamente costieri, derivano principalmente dall’utilizzo improprio dei luoghi. L’area dunale, infatti, risulta interessata da una pressione antropica elevata principalmente per il considerevole aumento demografico nella stagione balneare delle attività ricreative. Inoltre rappresentano una grave minaccia per la vita degli habitat del SIC il prelievo di acque superficiali, il prelievo di acque sotterranee (drenaggio, abbassamento della falda) che causano intrusione di acqua salata.

Sono inoltre contigue all’area del presente Contratto le ZPS Lago di Traiano (IT6030026) e il SIC Isola Sacra (IT6030024).

 

Riserva Naturale Statale del Litorale Romano

Riserva Naturale del Litorale RomanoIstituita dal Ministero dell’ambiente con decreto 29 marzo 1996 ai sensi della legge 394/9. Comprende ambienti naturali, aree di interesse storico archeologico e aree agricole della zona di Roma e Fiumicino, dalla marina di Palidoro alla spiaggia di Capocotta.

All’interno del territorio della Riserva sono presenti tre Siti di Interesse Comunitario (SIC) e due Zone di Protezione Speciale (ZPS):

SIC IT6030025 “Macchia Grande di Ponte Galeria”;
SIC IT6030023 “Macchia Grande di Focene e Macchia dello Stagneto”;
SIC IT6030027 “Castel Porziano (fascia costiera)”;
ZPS IT6030026 “Lago di Traiano”;
ZPS IT6030084 “Castel Porziano (Tenuta presidenziale)”.

Per l’area di interesse del presente Contratto, la gestione della riserva è affidata al Comune di Fiumicino. La Riserva complessivamente si estende per circa 16.000 ettari che ricadono circa in egual misura fra il Comune di Roma e Fiumicino.

Il suo territorio, come da Decreto e secondo il “Piano di Gestione della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano” è suddiviso in aree di tipo 1 e 2; nella prima area è fatto assoluto divieto di interventi edificatori, salvo quelli conservativi, in quanto aree di alto pregio naturalistico, paesaggistico e archeologico, mentre nelle aree di tipo 2 sono permessi interventi per realizzare le pertinenze necessarie alla conduzione del fondo.

Il territorio della Riserva, secondo una serie di componenti ambientali, naturalistiche e socio-culturali, è stato suddiviso in sei Ambiti così definiti:

Ambito agricolo;
Ambito costiero;
Ambito della formazione boscate naturali e seminaturali; Ambito idrografico;
Ambito insediativo;
Ambito turistico/beni archeologici.

Gli Ambiti costituiscono un complesso di elementi significativamente rappresentativi, tali da far riconoscere la valenza specifica degli elementi che la caratterizzano. Da quanto esposto deriva la possibilità di individuare quelle porzioni di Habitat, nuclei di popolazione di specie animali, comunità biotiche, agrosistemi, paesaggi, la cui tutela risulta prioritaria e, nel contempo, efficace per il mantenimento delle funzioni dell’Ambito a cui appartengono.

All’interno di ciascun Ambito sono state individuate, sulla base di un insieme di parametri, ventuno aree che rappresentano le Unità di Gestione (UdG). In totale le UdG sono ventuno e ben dodici ricadono nel territorio del Comune di Fiumicino, di queste ultime alcune si possono sovrapporre a interventi contenuti nel Contratto di Fiume Arrone.

Le Unità di Gestione che si ritengono sovrapponibili sono:

Unità di gestione Bonifica di Maccarese;
Indirizzi generali per l’Ambito Costiero;
Unità di gestione Dune di Passoscuro
Unità di gestione Bocca di Leone, Bosco Cesolina, Dune di Focene e Foce del Rio Tre Denari;
Unità di gestione Corsi d’Acqua a nord dell’Abitato di Fiumicino;
Unità di gestione delle Vasche di Maccarese.

Per tutte le UdG è stata predisposta una scheda che potrebbe essere considerata di progetto nella quale sono sintetizzate le caratteristiche paesaggistiche e ambientali identificative, le criticità, le dinamiche territoriali in atto ed inoltre le puntuali indicazioni di gestione. Airone guardabuoi, Bubulcus ibis, specie ormai diventata molto comune nel comprensorio di interesse.

La "Rete Blu" (marina): la fascia costiera

Tra gli ambienti terrestri, le aree costiere sono quelle che hanno maggiormente risentito della completa mancanza di adeguate politiche di sviluppo anche perché si è arrivati tardi a comprenderne l’importanza in relazione alla difesa del territorio.

Le aree che nel tempo hanno mantenuto qualche aspetto di naturalità corrispondono sostanzialmente alle foci dei corsi d’acqua sia naturali sia artificiali. Pertanto, lungo i litorali si trovano ancora residui di vegetazione della duna mobile. Questa vegetazione svolge un fondamentale ruolo protettivo contro l’erosione nei confronti dell’ambiente retrostante e delle spiagge. L’ambiente della duna mobile è di notevole interesse scientifico per il particolare adattamento manifestato dalle specie che vi si insediano: le psammofile, ovunque in forte rarefazione sui nostri litorali. In alcuni brevi tratti (alla foce del Rio Tre Denari, del Fosso Palidoro o del Fiume Arrone), sfuggiti all’abusivismo edilizio, è possibile osservare ancora accenni di duna consolidata caratterizzata dalla presenza del ginepro, Juniperus macrocarpa, ed a seguire il lentisco, Pistacia lentiscus, fillirea, Phillyrea latifolia, etc.

Non sempre è possibile rinvenire insieme le quattro fasce che caratterizzano l’ambiente della duna mobile poiché nel complesso la duna è in condizioni di forte erosione con piccoli ciuffi di vegetazione all’apice di pinnacoli di sabbia. Comunque, considerando l’elevata dinamicità della vegetazione dunale, con limitati interventi di restauro ambientale e qualche anno di protezione integrata soprattutto per ridurre il calpestio, le aree di interesse potrebbero tornare in condizioni di buona naturalità.

Aree agricole identitarie

Storicamente il Fiume Arrone è stato il confine fra la civiltà etrusca e quella romana, con l’affermarsi del Cristianesimo, nel punto in cui interseca la Via Aurelia, il Fiume ha delineato poi il confine fra le Diocesi di Porto, Caere e Selva Candida. Alla foce dell’Arrone sorgeva il porto che, congiuntamente agli scali marittimi di Pyrgi e Casto Nova, rappresentava il sistema portuale di Caere. Le alture e l’alveo del Fiume sono ricchi di insediamenti archeologici appartenenti a diverse epoche, un esempio è il deposito fluviale del Pleistocene, noto come sito della Polledrara, che vede la presenza di resti fossili attribuiti all’Elefante antico ed al Bue primigenio. Secondo alcune ipotesi, basate su rilevamenti archeologici specifici, la valle dell’Arrone rivestiva una grande importanza strategica in quanto via di connessione tra l’alto Lazio e le saline di Maccarese. Data l’importanza del territorio sia la Regione Lazio che il Ministero dei Beni Ambientali e Culturali (MiBAC) hanno inteso, nel Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR), tutelare il paesaggio agrario inserendo la valle del Fiume Arrone, quella del Rio Palidoro e del Fosso delle Cadute nonché la Piana di Furbara nelle cosiddette Aree Agricole Identitarie.

Nel documento regionale la Valle del Fiume Arrone e del Fosso di Santa Maria di Galeria viene così descritta: “L’area, situata tra il complesso vulcanico dei Monti Sabatini e la maremma del Litorale Romano, si estende tra il Lago di Bracciano e la fascia costiera presso Fiumicino, località Torre in Pietra. La ricchezza d’acqua è stata, sin dalle origini e nella sua evoluzione, una delle grandi risorse di Roma e del suo territorio. Dai Monti Sabatini, ai piedi del pianoro di Boccea scorre il fiume Arrone il cui nome deriva dalla radice etrusca “aruns”. Nasce dal lago di Bracciano e sfocia, dopo un percorso di circa 37 km nel mare presso Maccarese. In base alle sue caratteristiche geologiche il bacino idrografico dell’Arrone può essere suddiviso in tre parti. La parte alta, posta immediatamente a sud del Lago di Bracciano, presenta una morfologia collinare tipica dei rilievi vulcanici della nostra regione. Nella parte centrale del bacino i corsi d’acqua sono riusciti a scavare delle incisioni vallive piuttosto profonde e a raggiungere i terreni sedimentari sottostanti i depositi vulcanici dando luogo ad un sistema di colline di forma allungata. L’area comprende quella parte della Valle che rappresenta la fascia di transizione alla pianura costiera. II comprensorio nel suo insieme costituisce un complesso territoriale di grande diversità ambientale, ove le naturalistiche valli fluviali si alternano ad una vasta area di basse colline ondulate che risente anche degli influssi climatici della non lontana zona costiera. La Valle dell’Arrone in virtù delle sue risorse è stata oggetto di numerosi insediamenti umani e civili legati in particolare all’uso rurale ed agricolo del suo territorio, ne è particolare testimonianza la città etrusca chiamata Galeria dai Romani che la colonizzarono per farne un borgo agricolo. Sul finire del 1700 il borgo fu abbandonato, probabilmente a causa della malaria, e gli abitanti si trasferirono a circa 4 km, ove fondarono l’attuale S. Maria di Galeria Nuova. Il paesaggio della Valle dell’Arrone è un po’ quello della campagna romana del secolo scorso, con pascoli, prati, boschi e siepi che si alternano alle zone coltivate. Il paesaggio, dopo la parte collinare, in prossimità della zona di confluenza del bacino si allarga decisamente presentandosi pianeggiante e ricco di depositi alluvionali. A Sud della Via Aurelia il corso d’acqua percorre il suo tratto finale prima di raggiungere il mare. La Valle dell’Arrone ha rappresentato per migliaia di anni un elemento catalizzatore della frequentazione e dell’insediamento stanziale dell’uomo sin dall’epoca preistorica, come testimoniato dai ritrovamenti nella parte iniziale dell’emissario e nel basso corso dell’Arrone. Componente fondamentale del comprensorio è il complesso territoriale di Castel di Guido con le sue aree limitrofe, un complesso geologicamente uniforme di notevole interesse sia archeologico che ambientale e paesistico. In particolare l’attuale borgo ha assunto grande importanza storica e archeologica quale testimonianza di una continuità di insediamento perdurato dall’età romana ai nostri giorni. Altro ambito di rilievo storico paesaggistico è la Tenuta della Leprignana con i suoi centri rurali testimonianza della bonifica romana di Torre in Pietra (1926-45) ad opera del Senatore Albertini. La bonifica e la realizzazione dei centri rurali (o Unità) produttivi dell’azienda, all’interno della Tenuta, dà forma a un progetto unitario degli insediamenti che si diversificano per le attività specialistiche svolte. Il paesaggio agricolo ereditato dall’opera della bonifica risulta ancora poco compromesso ed è la testimonianza di un qualificato progetto di organizzazione territoriale agricola inteso nella sua complessità e interezza rispetto al quale diventa fondamentale la fondazione e il decentramento di una nuova edilizia abitativa e rurale”.

Poco più a Nord si proiettano verso la pianura la Valle del Rio Palidoro e quella del Fosso delle Cadute, odierno confine fra i Comuni di Fiumicino e Cerveteri; sebbene in minima parte, i territori di queste vallate interessano anche i Comune di Bracciano, Anguillara Sabazia e Roma. L’area situata tra il complesso vulcanico dei Monti Sabatini e la maremma del Litorale Romano viene così descritta: “La valle del Rio Palidoro presenta analogie con la contigua Valle dell’Arrone sia per il suo andamento ortogonale rispetto alla costa marittima sia per essere parte di quel reticolo di corsi d’acqua che è una risorsa importante di Roma e del suo territorio. Il Rio Palidoro nasce dai Monti Sabatini, e sfocia nel mare Tirreno presso Passo Oscuro. L’ambiente eco-sistemico riguardante le aree pre-collinari situate tra il lago di Bracciano ed il mar Tirreno, costituisce un insieme paesaggistico e naturale di grande importanza, poiché con la sequenza orografica da zone pre-costiere ad aree di colline vulcaniche, inframmezzate anche da zone umide, è l’unico ed ultimo esempio di conservazione del tipico paesaggio di maremma meridionale laziale. Si passa dalla campagna bonificata ed infrastrutturata in modo ordinato, alle forre, ai campi di semina che caratterizzano l’orizzonte del sistema di piccola altura, custodendo anche luoghi di storia antica, castelli, casali e presenze archeologiche. Le aree pianeggianti si alternano alle colline, come preludio alla vista dei Monti Sabatini in modo continuo e fluido, raccordando l’ambiente vario e frammentato delle alture di modeste dimensioni che verso nord-est si affacciano sul lago di Bracciano e con la vastità della pianura costiera sporgente sul Mar Tirreno.”

Ambiente rurale

In un’ampia area di Fiumicino a prevalere è il paesaggio rurale con il suo frazionamento regolare, il regime delle acque mediato dalle numerose canalizzazioni, gli impianti di Idrovore risalenti addirittura alla fine dell’Ottocento, come quello di Focene, e il tipico insediamento sparso a casolari e/o a piccoli centri rurali, dove accanto agli edifici destinati alla residenza si trovano gli immobili destinati agli animali, agli attrezzi e alla conservazione delle derrate alimentari: i caratteri tipici delle aree bonificate.

La grande piana di Maccarese-Pagliete, che copre una superficie di oltre 4500 ettari, la prima ad essere stata oggetto di bonifica integrale, la tenuta di Torrimpietra a nord-est e più oltre quella di Palidoro, queste due ultime confinanti con per le zone collinari dell’entroterra oggetto della Riforma agraria degli anni Cinquanta del secolo scorso.

Vicende diverse che hanno però accomunato, all’indomani dell’unificazione del Paese, una stagione di profondi e radicali mutamenti del territorio, che nell’arco di pochi decenni ha trasformato profondamente gli ambienti e i paesaggi, l’economia e gli abitanti, cancellando quasi del tutto il regime antico e di longue durée dei grandi latifondi che avevano convissuto con le vaste aree umide e paludose per dare vita a una pastorizia semibrada e ad un’agricoltura limitata a spazi contenuti per una scarsa popolazione perlopiù stagionale che si alternava seguendo i ritmi dei lavori nei campi e l’andamento della malaria.

Questi paesaggi rurali più arcaici sono ancora oggi visibili in aree residue dell’originario ampio sistema lagunare naturale retrostante il sistema dunale – oggi protette come aree di particolare valore.

La riconoscibilità del paesaggio di bonifica, rimasto in gran parte pressoché intatto, è data indubbiamente dalla presenza degli elementi vegetazionali dei filari frangivento di eucalipti, il frazionamento regolare degli appezzamenti, delimitati dal sistema dei canali di drenaggio e irrigazione e dalla fitta rete viaria interpoderale, ma anche dalla pressoché immutata permanenza del sistema insediativo dei centri agricoli e dei casali.

Questo grande patrimonio immobiliare, pur nelle differenze e peculiarità che caratterizzano le diverse bonifiche, da ormai quasi un secolo costituisce una componente indispensabile e fortemente identitaria dell’intero territorio, percepita come tale dalle comunità dei suoi abitanti ma anche da coloro che a differente titolo usufruiscono delle sue bellezze.

Bonifica di Maccarese (1925-1938)
A seguito della prima bonifica idraulica risalente agli anni 1884-1889 con la sistemazione idraulica e la realizzazione delle Idrovore e, successivamente, con la bonifica integrale e la costruzione della rete stradale, sono stati progettati e costruiti una quarantina di centri rurali con i poderi e le strutture per la lavorazione e commercializzazione dei prodotti.

Ciascun centro inizialmente fu concepito e progettato come unità agricola autonoma e autosufficiente con edifici abitativi, stalle, silos, magazzini nonché aree per la lavorazione dei prodotti, un forno, un fontanile, uno spazio esterno adibito a giardino e ad orto, completato sempre da numerose alberature.

L’architettura dei centri agricoli – il cui profilo è ancora oggi la caratteristica più evidente nel paesaggio della bonifica – era semplice di forma è strettamente funzionali alle esigenze; le caratteristiche costruttive ed i materiali usati erano quelli tipici dei paesaggi dell’area padana dalla quale sono venute, in un primo tempo, buona parte delle famiglie di coloni.

Bonifica di Torrimpietra (1927-1940)
I protagonisti della bonifica sono stati il Senatore Luigi Albertini, Leonardo Albertini, Niccolò Carandini che si avvalsero per la sua realizzazione di qualificate figure professionali, maestranze specializzate e braccianti.

La principale innovazione sta nell’organizzazione e nel progetto del territorio inteso nella sua complessità che con una nuova idea di edilizia abitativa e rurale, non più quindi a carattere provvisorio, dà origine alle unità produttive organizzate in “centri”.

La bonifica e la realizzazione dei centri rurali è il prodotto corale di più competenze tra cui emerge, nell’impostazione architettonica generale, la figura dell’architetto Michele Busiri-Vici, a cui si deve anche il restauro del Castello Falconieri, poi sede dell’azienda Torrimpietra.

La realizzazione dei centri dà forma a un progetto unitario degli insediamenti che si diversificano per le attività specialistiche svolte; gli edifici abitativi si organizzano intorno ad una corte aperta con al centro un fontanile, gli edifici tecnici si situano in aree limitrofe secondo una relazione funzionale ed igienica.

Ad un primo nucleo di in centri (Falconieri, Tre Denari, Granaretto, Aurelia, Arenaro, Sant’Angelo), vanno aggiunti i successivi centri della Tenuta della Leprignana (Breccia, Casetta Cavalle, Quarticciolo Barbabianca, Casal Bruciata), tutti testimoni di una realtà sociale ed economica che si fa architettura in grado di determinare una fase di trasformazione del territorio in continuità con quanto la precede stabilendo quelle nuove regole che oggi costituiscono uno dei principali aspetti identitari del luogo.

Bonifica di Palidoro (1930-1938)
Gli oltre 400 ettari che formano la tenuta di Palidoro all’atto della bonifica facevano parte del più vasto complesso fondiario di proprietà del Pio Istituto S. Spirito.

In termini temporali, l’intervento di bonifica è stato l’ultimo effettuato nella piana che va da Fiumicino a Ladispoli. Il Fondo è attraversato dalla Via Aurelia che lo divide in una parte pianeggiante che degrada dalla linea ferroviaria Roma-Civitavecchia al mare ed una collinare, di grande interesse ambientale e naturalistico.

In questa realtà, con la bonifica iniziata sul finire degli anni Venti e terminata nel 1938, sono state realizzate le diverse unità immobiliari, circondate da un appezzamento di terreno sufficientemente ampio da poter soddisfare le esigenze del nucleo familiare; da sempre i fondi sono stati assegnati a affittuari, pratica tuttora vigente.