Patrimonio culturale

Prima di descrivere la fisionomia e la specificità del progetto e le caratteristiche dei territori dei quali si rende disponibile il patrimonio culturale, per la precisione una scelta ragionata di parte di esso, si ritiene opportuno esporre talune considerazioni legate alla cultura sotto l’aspetto di:

  • cultura, patrimonio e comunicazione
  • educazione
  • tecnologie e cittadinanza attiva
  • sostenibilità
  • personalità di un territorio
  • giovani e futuro

Il dibattitto in atto da alcuni anni ha, infatti, messo in luce la necessità che le politiche dei beni e del patrimonio culturale non siano percepite come settoriali, dal momento che implicano scelte di politica economica, delle infrastrutture, della formazione, dell’ambiente e della comunicazione che investono la qualità della vita in una democrazia avanzata.

Cultura, Patrimonio e Comunicazione

“La cultura deve funzionare da bussola nella sostituzione della Ego-logia, tipica della modernità, con una vera Eco-logia sociale e culturale” (Morin 2005).

Il termine cultura deriva dal verbo latino colere, coltivare.

L’utilizzo di tale termine è stato poi esteso a quei comportamenti che imponevano la cura verso gli dei, da cui il termine culto, e a indicare un insieme di conoscenze.

Oggi si può dare una definizione generale di cultura, intendendola come un sistema di saperi, opinioni, credenze, costumi e comportamenti che caratterizzano un gruppo umano particolare, un’eredità storica che nel suo insieme definisce i rapporti all’interno di quel gruppo sociale e quelli con il mondo esterno.

In breve, per cultura si intende il “sapere” in generale di un individuo.

Il patrimonio culturale è una risorsa fondamentale per lo sviluppo delle menti, per la condivisione dei saperi attraverso le generazioni e, quindi, come bene comune, è condivisibile.

Il patrimonio è tale se è condiviso; se matura dentro la memoria collettiva e se, questa memoria, viene alimentata con nuovi usi culturali e sociali.

La globalizzazione, la digitalizzazione e la progressiva diffusione delle nuove tecnologie stanno però cambiando il modo in cui il patrimonio culturale viene prodotto, presentato, reso accessibile e utilizzato, dischiudendo nuove opportunità e nuove sfide per la condivisione delle risorse.

Sappiamo dall’UNESCO (2022) che il numero totale di analfabeti ammonterebbe a circa 771 milioni (di cui 2/3 donne) e che queste persone sono destinate alla povertà, e dall’OCSE, che gli illetterati sarebbero in aumento.

Si tratta di chiare emergenze di fronte alle quali è diventata strategica la digitalizzazione dei nostri saperi, ma, anche capire come si stiano modificando le diverse modalità di lettura.

“Negli Stati Uniti la radio ha impiegato trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha raggiunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del world wide web” (Castells, 1996).

Tutta la storia dei mezzi della comunicazione di massa può essere letta come una trasformazione continua e senza significative interruzioni dalla scarsità all’abbondanza.

Non solo cambiamento in chiave di quanta informazione viene prodotta, piuttosto di che tipo di informazione veniamo messi a conoscenza.

Si compie un’analisi solo a metà quando si sostiene che la rivoluzione sia stata, e continui a essere, esclusivo appannaggio del mondo digitale.

È anche una rivoluzione che investe i nostri valori e le nostre capacità di discernimento, è una rivoluzione umana che come tale porta con sé pregi e difetti.

Educazione

La creazione di una nuova visione della cultura comporta la necessità sia di un mutamento nella governance del patrimonio sia di un nuovo modello educativo con approccio olistico fra le varie discipline.

In tal modo, sarebbe possibile raggiungere un modello sociale, che ha come missione il raggiungimento di una sostenibilità sociale, economica e culturale, che deve trarre origine dall’agglomerato urbano con l’obiettivo di divenire una “Smart City”.

Basi per lo sviluppo della Smart City

Introdurre la visione di una città che riconosce l’interesse pubblico per il miglioramento della qualità della vita mediante la ricerca di un sistema capace di creare benessere.

“Crescita sostenibile” mediante lo sviluppo di un’economia efficiente, verde e competitiva; “Crescita solidale” attraverso l’aumento di competenze e occupazione, la modernizzazione del lavoro e la creazione di sistemi di protezione sociale.

L’attenzione non è focalizzata più su uno sviluppo che punti ad una crescita ininterrotta e sfrenata, ma ad una crescita sostenibile che ha al centro le persone, il territorio e il benessere.

Sono sei gli ambiti di interesse: mobilità, ambiente, popolazione, economia, vita e governance.

Attraverso la Smart City si ha l’opportunità di mutare il quadro di sviluppo attuale, insieme a un nuovo modello educativo, che abbia come scopo la condivisione, l’aggregazione sociale, la partecipazione, il benessere e il rispetto per l’ambiente e per la community: in sostanza la creazione di una nuova dimensione culturale.

Tecnologie e cittadinanza attiva

Lo sviluppo delle competenze digitali giuoca un ruolo fondamentale per lo sviluppo della citizenship, intesa come partecipazione sociale “a tutto tondo” e come cittadinanza attiva.

In altri termini si dovrebbe raggiungere la condizione di PROSUMER (PROfessional consuMER), ossia di un destinatario di beni e di servizi che non si limita al ruolo passivo di consumatore ma partecipa attivamente alle diverse fasi del processo produttivo.

Da qui la necessità che agenzie principali di socializzazione dei giovani, come la famiglia e la scuola si aprano alle possibilità offerte dai media digitali e sperimentino percorsi di inclusione e di sviluppo socio-culturale innovativi, in cui diventi centrale il ruolo del digitale.

L’incontro fra due sistemi complessi come scuola e comunicazione, richiede anzitutto una riflessione sui meccanismi che caratterizzano le dinamiche culturali, sociali, organizzative dei due sistemi.

Il patto tecnologico assume senso se non svuota il patto educativo.

Sostenibilità

Come ha ben rappresentato Papa Francesco “stiamo vivendo non tanto un’epoca di cambiamenti, ma un cambio di epoca” che investa di necessità anche la percezione del rapporto tra uomo e ambiente, i sistemi di valore e, più in generale, della cultura.

Effetti sono la perdurante e globale crisi economica, l’incontrollato impatto ambientale generato dalle attività antropiche, i flussi migratori di massa, il radicarsi di idee integraliste sia religiose che politiche: il risultato è caos da cui emergeranno nuovi assetti che saranno il prodotto di una battaglia di idee ancor prima che di azioni.

A ciò si aggiunge la necessità di migliorare i processi di comunicazione sui temi legati alla sostenibilità coinvolgendo nella definizione delle politiche, a questa dedicate, anche le comunità locali.

L’ambito locale è infatti il primo luogo dove possono realizzarsi, in un approccio di tipo bottom-up, forme di collaborazione per la definizione di politiche congiunte per la sostenibilità.

Tenendo conto del fatto che la sostenibilità per sua stessa natura è idealmente suddivisa in quattro aree di interesse – ambientale, economica, sociale e istituzionale – è bene evidenziare quanto queste sono profondamente correlate fra loro.

In particolare, intendiamo la sostenibilità sociale come la “capacità di garantire l’accesso a beni considerati fondamentali (istruzione, salute e sicurezza) e a condizioni di benessere (serenità, divertimento, socialità), in modo equo, all’interno delle comunità odierne e anche tra la generazione attuale e quella futura”.

Beni culturali e sostenibilità ambientale

L’ambiente naturale e l’ambiente culturale si presentano come un continuum.

Più propriamente, la nozione di ambiente non è da intendersi come l’equivalente della naturalità, ma l’espressione di un dinamico rapporto tra la natura e le azioni di modificazione da parte dell’uomo.

Per evidenziare questa interdipendenza, John Dewey in Democrazia e educazione, ha affermato che il vero ambiente per l’uomo è quello che realmente lo modifica, evidenziando che, se dall’ambiente non è possibile prescindere, giacché è tutto ciò da sempre ci appartiene e che agisce da contesto di vita, per il quale attribuiamo senso e significato a ciò che ci circonda, al contempo, l’ambiente è l’espressione di quanto di meglio, di utile, di pregevole e apprezzabile l’ingegno umano ha prodotto, nel corso del tempo, per fronteggiare situazioni problematiche e migliorare condizioni di vita.

L’ambiente è quindi naturale non meno che culturale e simbolico.

Personalità di un territorio

Il cultural heritage, di fatto, è l’essenziale “personalità di un popolo. Comprendendo tutti i segni che documentano le attività e i risultati dell’azione umana nel tempo”.

In quanto segno della personalità, identifica il carattere distintivo della popolazione che ne fruisce e le differenze con gli altri, incarnando un asset cruciale dello sviluppo territoriale e, quindi, del turismo.

Patrimonio museale, archeologico, paesaggistico e monumentale costituiscono, perciò, manifestazioni tangibili anche in chiave turistica concorrendo a rappresentare la complessità dell’offerta territoriale.

Posto che ogni cittadino deve sentirsi responsabile nei confronti del patrimonio e quindi dell’identità culturale che lo caratterizza all’interno di un contesto territoriale, per chiunque abbia una responsabilità istituzionale in tal senso, il concetto di sostenibilità rinvia soprattutto al rispetto dell’identità dei luoghi e delle strutture sociali, intellettuali ed estetiche nel momento in cui si attuano interventi di restauro, di conservazione, selezione e valorizzazione.

Sfruttando l’innovazione, sono anzi tutto le tecnologie che devono divenire sostenibili, nell’ottica di una valorizzazione della tradizione che non concentri i suoi sforzi sul recupero del passato per il beneficio presente, ma che tenga conto della prospettiva di investimento sostenibile al servizio delle generazioni future.

Giovani e futuro

I giovani costituiscono da sempre un osservatorio privilegiato per lo studio del mutamento e lo sono tanto più nella società contemporanea dominata dai cambiamenti sociali repentini e radicali.

In uno scenario seducente per la pluralità delle scelte possibili ma, al tempo stesso, non privo di problematicità per la mancanza di punti e valori di riferimento, i giovani sperimentano la difficoltà di progettare liberamente il proprio futuro.

Istituzioni tradizionali come la famiglia, la scuola o la politica non esercitano quell’autorità che guiderebbe i giovani, come per le generazioni precedenti, nell’attribuzione di senso condiviso a presente e futuro agli orizzonti di questi ultimi si fondano drammaticamente.

Sembra che non pensino al futuro perché ne hanno paura, e non tanto perché manca il lavoro, quanto perché, con il crollo delle ideologie e con l’apertura di scenari mondiali che prendono il posto di quelli locali, con il disorientamento e la destabilizzazione che ne derivano, il futuro è diventato semplicemente indecifrabile.

Quelle istituzioni, a loro volta, rendono le nuove generazioni “invisibili”, proprio perché portatrici di una identità “fluida”, caratterizzata dalla precarietà, dall’inderteminatezza e dal disimpegno.

L’impegno che va invece assunto è il superamento delle “periferie sociali”, quelle abitate dai NEET (Not in Employment, Education or Training).

Anche se il futuro come minaccia rende difficile il presente, è vero, altresì, che esistono modi diversi di porsi davanti ai mutamenti e differenti capacità di attivare risorse per fronteggiare le sfide.

Ad esempio, una riflessività che porta i giovani, costruttori del loro domani e titolari del diritto-dovere di fare la storia, a ragionare in termini di “futuro – responsabilità” e di sostenibilità per le generazioni a loro future.

La progettualità dei giovani è quella individualistica della postmodernità, ma presente anche la consapevolezza dell’includibilità di condividere bisogni e valori.

Ciò avviene specie nelle decisioni che, a differenza delle scelte, sono irreversibili, ossia trasformano il corso di vita di un individuo in modo netto, lasciando un segno nel suo percorso biografico e in quello della collettività.

Emerge un sostanziale disorientamento dei giovani, consapevoli dei rischi e delle scarse risorse che sono state loro lasciate, ma anche della coscienza che questo profondo mutamento richiede decisioni “coraggiose”.

Valori condivisi, come il rispetto per l’ambiente, costituiscono un bisogno-valore ineludibile per far fronte “con coraggio” alla sfida che spetta oggi alla cultura giovanile.

Patrimonio culturale

Prima di descrivere la fisionomia e la specificità del progetto e le caratteristiche dei territori dei quali si rende disponibile il patrimonio culturale, per la precisione una scelta ragionata di parte di esso, si ritiene opportuno esporre talune considerazioni legate alla cultura sotto l’aspetto di:

  • cultura, patrimonio e comunicazione
  • educazione
  • tecnologie e cittadinanza attiva
  • sostenibilità
  • personalità di un territorio
  • giovani e futuro

Il dibattitto in atto da alcuni anni ha, infatti, messo in luce la necessità che le politiche dei beni e del patrimonio culturale non siano percepite come settoriali, dal momento che implicano scelte di politica economica, delle infrastrutture, della formazione, dell’ambiente e della comunicazione che investono la qualità della vita in una democrazia avanzata.

Cultura, Patrimonio e Comunicazione

“La cultura deve funzionare da bussola nella sostituzione della Ego-logia, tipica della modernità, con una vera Eco-logia sociale e culturale” (Morin 2005).

Il termine cultura deriva dal verbo latino colere, coltivare.

L’utilizzo di tale termine è stato poi esteso a quei comportamenti che imponevano la cura verso gli dei, da cui il termine culto, e a indicare un insieme di conoscenze.

Oggi si può dare una definizione generale di cultura, intendendola come un sistema di saperi, opinioni, credenze, costumi e comportamenti che caratterizzano un gruppo umano particolare, un’eredità storica che nel suo insieme definisce i rapporti all’interno di quel gruppo sociale e quelli con il mondo esterno.

In breve, per cultura si intende il “sapere” in generale di un individuo.

Il patrimonio culturale è una risorsa fondamentale per lo sviluppo delle menti, per la condivisione dei saperi attraverso le generazioni e, quindi, come bene comune, è condivisibile.

Il patrimonio è tale se è condiviso; se matura dentro la memoria collettiva e se, questa memoria, viene alimentata con nuovi usi culturali e sociali.

La globalizzazione, la digitalizzazione e la progressiva diffusione delle nuove tecnologie stanno però cambiando il modo in cui il patrimonio culturale viene prodotto, presentato, reso accessibile e utilizzato, dischiudendo nuove opportunità e nuove sfide per la condivisione delle risorse.

Sappiamo dall’UNESCO (2022) che il numero totale di analfabeti ammonterebbe a circa 771 milioni (di cui 2/3 donne) e che queste persone sono destinate alla povertà, e dall’OCSE, che gli illetterati sarebbero in aumento.

Si tratta di chiare emergenze di fronte alle quali è diventata strategica la digitalizzazione dei nostri saperi, ma, anche capire come si stiano modificando le diverse modalità di lettura.

“Negli Stati Uniti la radio ha impiegato trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha raggiunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del world wide web” (Castells, 1996).

Tutta la storia dei mezzi della comunicazione di massa può essere letta come una trasformazione continua e senza significative interruzioni dalla scarsità all’abbondanza.

Non solo cambiamento in chiave di quanta informazione viene prodotta, piuttosto di che tipo di informazione veniamo messi a conoscenza.

Si compie un’analisi solo a metà quando si sostiene che la rivoluzione sia stata, e continui a essere, esclusivo appannaggio del mondo digitale.

È anche una rivoluzione che investe i nostri valori e le nostre capacità di discernimento, è una rivoluzione umana che come tale porta con sé pregi e difetti.

Educazione

La creazione di una nuova visione della cultura comporta la necessità sia di un mutamento nella governance del patrimonio sia di un nuovo modello educativo con approccio olistico fra le varie discipline.

In tal modo, sarebbe possibile raggiungere un modello sociale, che ha come missione il raggiungimento di una sostenibilità sociale, economica e culturale, che deve trarre origine dall’agglomerato urbano con l’obiettivo di divenire una “Smart City”.

Basi per lo sviluppo della Smart City

Introdurre la visione di una città che riconosce l’interesse pubblico per il miglioramento della qualità della vita mediante la ricerca di un sistema capace di creare benessere.

“Crescita sostenibile” mediante lo sviluppo di un’economia efficiente, verde e competitiva; “Crescita solidale” attraverso l’aumento di competenze e occupazione, la modernizzazione del lavoro e la creazione di sistemi di protezione sociale.

L’attenzione non è focalizzata più su uno sviluppo che punti ad una crescita ininterrotta e sfrenata, ma ad una crescita sostenibile che ha al centro le persone, il territorio e il benessere.

Sono sei gli ambiti di interesse: mobilità, ambiente, popolazione, economia, vita e governance.

Attraverso la Smart City si ha l’opportunità di mutare il quadro di sviluppo attuale, insieme a un nuovo modello educativo, che abbia come scopo la condivisione, l’aggregazione sociale, la partecipazione, il benessere e il rispetto per l’ambiente e per la community: in sostanza la creazione di una nuova dimensione culturale.

Tecnologie e cittadinanza attiva

Lo sviluppo delle competenze digitali giuoca un ruolo fondamentale per lo sviluppo della citizenship, intesa come partecipazione sociale “a tutto tondo” e come cittadinanza attiva.

In altri termini si dovrebbe raggiungere la condizione di PROSUMER (PROfessional consuMER), ossia di un destinatario di beni e di servizi che non si limita al ruolo passivo di consumatore ma partecipa attivamente alle diverse fasi del processo produttivo.

Da qui la necessità che agenzie principali di socializzazione dei giovani, come la famiglia e la scuola si aprano alle possibilità offerte dai media digitali e sperimentino percorsi di inclusione e di sviluppo socio-culturale innovativi, in cui diventi centrale il ruolo del digitale.

L’incontro fra due sistemi complessi come scuola e comunicazione, richiede anzitutto una riflessione sui meccanismi che caratterizzano le dinamiche culturali, sociali, organizzative dei due sistemi.

Il patto tecnologico assume senso se non svuota il patto educativo.

Sostenibilità

Come ha ben rappresentato Papa Francesco “stiamo vivendo non tanto un’epoca di cambiamenti, ma un cambio di epoca” che investa di necessità anche la percezione del rapporto tra uomo e ambiente, i sistemi di valore e, più in generale, della cultura.

Effetti sono la perdurante e globale crisi economica, l’incontrollato impatto ambientale generato dalle attività antropiche, i flussi migratori di massa, il radicarsi di idee integraliste sia religiose che politiche: il risultato è caos da cui emergeranno nuovi assetti che saranno il prodotto di una battaglia di idee ancor prima che di azioni.

A ciò si aggiunge la necessità di migliorare i processi di comunicazione sui temi legati alla sostenibilità coinvolgendo nella definizione delle politiche, a questa dedicate, anche le comunità locali.

L’ambito locale è infatti il primo luogo dove possono realizzarsi, in un approccio di tipo bottom-up, forme di collaborazione per la definizione di politiche congiunte per la sostenibilità.

Tenendo conto del fatto che la sostenibilità per sua stessa natura è idealmente suddivisa in quattro aree di interesse – ambientale, economica, sociale e istituzionale – è bene evidenziare quanto queste sono profondamente correlate fra loro.

In particolare, intendiamo la sostenibilità sociale come la “capacità di garantire l’accesso a beni considerati fondamentali (istruzione, salute e sicurezza) e a condizioni di benessere (serenità, divertimento, socialità), in modo equo, all’interno delle comunità odierne e anche tra la generazione attuale e quella futura”.

Beni culturali e sostenibilità ambientale

L’ambiente naturale e l’ambiente culturale si presentano come un continuum.

Più propriamente, la nozione di ambiente non è da intendersi come l’equivalente della naturalità, ma l’espressione di un dinamico rapporto tra la natura e le azioni di modificazione da parte dell’uomo.

Per evidenziare questa interdipendenza, John Dewey in Democrazia e educazione, ha affermato che il vero ambiente per l’uomo è quello che realmente lo modifica, evidenziando che, se dall’ambiente non è possibile prescindere, giacché è tutto ciò da sempre ci appartiene e che agisce da contesto di vita, per il quale attribuiamo senso e significato a ciò che ci circonda, al contempo, l’ambiente è l’espressione di quanto di meglio, di utile, di pregevole e apprezzabile l’ingegno umano ha prodotto, nel corso del tempo, per fronteggiare situazioni problematiche e migliorare condizioni di vita.

L’ambiente è quindi naturale non meno che culturale e simbolico.

Personalità di un territorio

Il cultural heritage, di fatto, è l’essenziale “personalità di un popolo. Comprendendo tutti i segni che documentano le attività e i risultati dell’azione umana nel tempo”.

In quanto segno della personalità, identifica il carattere distintivo della popolazione che ne fruisce e le differenze con gli altri, incarnando un asset cruciale dello sviluppo territoriale e, quindi, del turismo.

Patrimonio museale, archeologico, paesaggistico e monumentale costituiscono, perciò, manifestazioni tangibili anche in chiave turistica concorrendo a rappresentare la complessità dell’offerta territoriale.

Posto che ogni cittadino deve sentirsi responsabile nei confronti del patrimonio e quindi dell’identità culturale che lo caratterizza all’interno di un contesto territoriale, per chiunque abbia una responsabilità istituzionale in tal senso, il concetto di sostenibilità rinvia soprattutto al rispetto dell’identità dei luoghi e delle strutture sociali, intellettuali ed estetiche nel momento in cui si attuano interventi di restauro, di conservazione, selezione e valorizzazione.

Sfruttando l’innovazione, sono anzi tutto le tecnologie che devono divenire sostenibili, nell’ottica di una valorizzazione della tradizione che non concentri i suoi sforzi sul recupero del passato per il beneficio presente, ma che tenga conto della prospettiva di investimento sostenibile al servizio delle generazioni future.

Giovani e futuro

I giovani costituiscono da sempre un osservatorio privilegiato per lo studio del mutamento e lo sono tanto più nella società contemporanea dominata dai cambiamenti sociali repentini e radicali.

In uno scenario seducente per la pluralità delle scelte possibili ma, al tempo stesso, non privo di problematicità per la mancanza di punti e valori di riferimento, i giovani sperimentano la difficoltà di progettare liberamente il proprio futuro.

Istituzioni tradizionali come la famiglia, la scuola o la politica non esercitano quell’autorità che guiderebbe i giovani, come per le generazioni precedenti, nell’attribuzione di senso condiviso a presente e futuro agli orizzonti di questi ultimi si fondano drammaticamente.

Sembra che non pensino al futuro perché ne hanno paura, e non tanto perché manca il lavoro, quanto perché, con il crollo delle ideologie e con l’apertura di scenari mondiali che prendono il posto di quelli locali, con il disorientamento e la destabilizzazione che ne derivano, il futuro è diventato semplicemente indecifrabile.

Quelle istituzioni, a loro volta, rendono le nuove generazioni “invisibili”, proprio perché portatrici di una identità “fluida”, caratterizzata dalla precarietà, dall’inderteminatezza e dal disimpegno.

L’impegno che va invece assunto è il superamento delle “periferie sociali”, quelle abitate dai NEET (Not in Employment, Education or Training).

Anche se il futuro come minaccia rende difficile il presente, è vero, altresì, che esistono modi diversi di porsi davanti ai mutamenti e differenti capacità di attivare risorse per fronteggiare le sfide.

Ad esempio, una riflessività che porta i giovani, costruttori del loro domani e titolari del diritto-dovere di fare la storia, a ragionare in termini di “futuro – responsabilità” e di sostenibilità per le generazioni a loro future.

La progettualità dei giovani è quella individualistica della postmodernità, ma presente anche la consapevolezza dell’includibilità di condividere bisogni e valori.

Ciò avviene specie nelle decisioni che, a differenza delle scelte, sono irreversibili, ossia trasformano il corso di vita di un individuo in modo netto, lasciando un segno nel suo percorso biografico e in quello della collettività.

Emerge un sostanziale disorientamento dei giovani, consapevoli dei rischi e delle scarse risorse che sono state loro lasciate, ma anche della coscienza che questo profondo mutamento richiede decisioni “coraggiose”.

Valori condivisi, come il rispetto per l’ambiente, costituiscono un bisogno-valore ineludibile per far fronte “con coraggio” alla sfida che spetta oggi alla cultura giovanile.